di Enzo Sorbera

Tempo fa è uscito un articolo qui, sul blog, in cui accennavo al fatto che il partito politico attuale deve fare i conti con una dimensione da “venditori”: in pratica, ogni partito si presenta sul mercato politico come un soggetto “economico”. Questo ha scatenato una serie di mail e telefonate su quello che penso in merito all’attuale perdita di identità dei partiti, cioè se il sistema mercato di cui partecipano distrugga o meno l’identità (almeno) dei principali contendenti.

Propongo qui alcune riflessioni: non sono definitive e spero che, come è successo in altre occasioni, il blog mi aiuti a precisare i contorni problematici che in buona parte sono ancora indistinti. Andiamo con ordine. La democrazia rappresentativa è attualmente il migliore dei sistemi che abbiamo (fiumi di ironia sono stati scritti su questo sistema ma, nondimeno, è ancora il sistema che qualcuno ha preteso di “esportare”. Comunque, a chi mi farà richiesta posso fornire una bibliografia ironica da Asimov a Borges a Churchill fino a G.B. Shaw.

E’ però una struttura problematica: esiste un sistema ottimale per eleggere i rappresentanti? Forse no, visto che esistono così tanti sistemi di elezione. In pratica, abbiamo due sistemi di base per l’elezione dei rappresentanti: il sistema proporzionale e il sistema maggioritario. Il sistema proporzionale dice che, sulla base dei voti presi, una lista (o coalizione) ha diritto ad un numero proporzionale, corrispondente alla quantità di voti presi di posti nell’assemblea oggetto di “conquista”.

Già dalle riflessioni di Condorcet (1781) sappiamo che questo tipo di elezione è soggetto a problemi: se è vero che si tratta del miglior sistema tra due contendenti, le cose si complicano quando i contendenti sono in numero maggiore di due, dando luogo a scelte che possono essere diverse a seconda dell’ordine con cui avviene la votazione. Questi problemi, variamente dibattuti, sono stati dimostrati reali da Arrow in un suo saggio(1951, con cui ha vinto il Nobel): l’elezione proporzionale sconta una contraddizione che sfiora il paradosso.

Questo ha fatto si che, nella grande maggioranza dei casi, le democrazie occidentali si siano orientate per un sistema maggioritario (tra cui anche il nostro – disgustoso – sistema elettorale). Anche qui però non mancano le contraddizioni. E veniamo al tema dell’articolo. Possiamo far ricorso all’esempio di due venditori (di tappeti o di gelati o di perline, come preferite) su una spiaggia affollata.

 Supponiamo di essere su una spiaggia di 1 km di lunghezza. Per i bagnanti, la disposizione migliore sarebbe di un venditore a ¼ di distanza dall’estremo limite della spiaggia: rispettivamente, quindi, 250 e 750 m., cioè una posizione in cui occorre percorrere uno spazio minimo per raggiungere il “punto vendita”. In realtà, il venditore punta a realizzare il massimo del profitto, per cui cercherà di collocarsi in posizione centrale, accanto al venditore concorrente: cercheranno di accaparrarsi i bagnanti della posizione centrale, dato che i bagnanti delle ali estreme andranno comunque a comprare dal venditore più vicino. Il risultato sarà la perfetta somiglianza della merce che vendono. A questo punto risulta difficile giustificare la preferenza o meno per un “prodotto”, è ovvio che ci faremo guidare da altre considerazioni (ma è materia per un altro intervento).

Condorcet, Essai sur l’application de l’analyse à la probabilité des décision rendues à la pluralité des voix
Kenneth Arrow, Social choice and individual values, Yale University Press
Kenneth May, A set of indipendent, necessary and sufficient conditions for simple majority decisions, Econometrica 20/1952
Amartya Sen, Collective choice and social welfare, Holden, 1970