di Stefano Marcantonini

Quando decisi di accettare la sfida dell’allora Sinistra e Libertà, i tempi congressuali che hanno visto la nascita dell’attuale Sinistra Ecologia e Libertà erano ancora lontani. Auspicavo con forza che quell’assembramento di persone in tutta Italia desse vita ad un partito. Perché io nei partiti ancora ci credo e mi fanno paura i termini qualunquisti del tipo “la politica è tutta una m….” e, casomai, sono i partiti ad averne assunto l’odore ma la politica cosa c’entra ?

Appunto, i partiti sono fatti da persone quindi ne deduco che il problema siamo tutti noi. Questo malodore io non lo sentivo in tutte quelle persone che allora volevano partecipare alla nascita di questo nuovo soggetto. Vedevo anzi tante anime che come me credevano ancora nella forma partito con tutto il suo carico di democrazia e quindi c’era la possibilità di creare un soggetto a sinistra nuovo, libero dalle contraddizioni e dai sogni che nel novecento avevano stabilito la nascita e la rovinosa caduta del comunismo nel mondo.

 Ad ottobre nasce il sospirato partito e poco dopo si profila la prospettiva, oggi rientrata (nemmeno troppo), di elezioni imminenti e i consensi al partito salivano vertiginosamente. Alcuni sondaggi davano cifre iperboliche ad un soffio dalla doppia cifra e per chi come me si è accorto di essere comunista dopo la caduta del muro la doppia cifra non l’ha mai nemmeno sognata.

Di pari passo alla situazione nazionale anche a Chiusi nasceva il partito con un congresso molto partecipato. In quel congresso successero delle cose che fecero sparire da subito molte persone ma siamo comunque riusciti a creare un programma il quale poi, a pezzi e bocconi, è stato ripreso da tutti i partiti sulla piazza, di destra e di sinistra. Abbiamo sollevato molte questioni importanti e abbiamo svelato certi altarini, insomma il primo tempo è stato in linea con le aspettative.

I problemi sono nati quando si è dovuto fare delle scelte in merito alla coalizione e qui sono venute fuori tutte le magagne e quel malodore di cui parlavo sopra è apparso forte. Sono usciti fuori i personalismi, le ambizioni personali e, di conseguenza, l’incoerenza, tutte cose che non avevano motivo di palesarsi in fase di costruzione del programma, fino a quello che per me è stato l’atto finale e che ha sancito a tutti gli effetti la mia uscita dal partito: la modifica di un articolo dello statuto di SEL che in caso di voto “difforme” in assemblea l’ultima parola spetta alla federazione competente, nel caso nostro quella di Siena. La notizia di questa modifica è arrivata per bocca del coordinatore provinciale durante la nostra assemblea di martedì 29 marzo dove si doveva votare sulla nostra partecipazione alla coalizione di centrosinistra. In seguito a questa notizia si è votato e sei compagni su dieci hanno espresso la volontà di uscire dalla coalizione.

Votazione, a quanto pare, disattesa in quanto il giorno dopo il partito, che ormai non era più il mio, si è seduto nuovamente al tavolo della coalizione ma a quel punto per me passava in secondo piano in quanto quella modifica allo statuto per me rappresentava il crollo di tutte le speranze riposte e il puzzo si era fatto ormai insopportabile. Otto mesi di lavoro inutile perché poi tanto la palla sarebbe passata nelle mani della federazione, la quale non ha mai nascosto la volontà che a Chiusi si facesse come a Siena, cioè con il PD senza se e senza ma, dando un calcio nel culo anche alle primarie, elemento fondante del partito anche per bocca di Nichi Vendola.

Quello che è successo l’altra sera è il naturale epilogo di una bella cosa finita male. Vorrei soltanto che qualcuno spiegasse ai pochi rimasti che la politica e l’attuazione delle istanze proposte si basano sul consenso e non su interessi diversi a quelli comuni e per quanto riguarda me si tratta soltanto dell’ennesima delusione, ma non mi perdo d’animo e ricomincio.