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Affittasi
Nel numero in edicola di Primapagina il direttore Marco Lorenzoni introduce, molto opportunamente, il problema dell’invenduto immobiliare. Decine di cartelli con la dicitura vendesi e affittasi sia nel centro che nella periferia dello Scalo ne sono il sintomo più evidente.
Due osservazioni. La prima riguarda la pianificazione. Come noto Chiusi aspetta da moltissimi anni un piano strutturale che è il primo passo per la redazione con un successivo Regolamento Urbanistico per un nuovo strumento urbanistico che andrà a sostituire l’ormai più che vetusto Piano Regolatore Generale.
Ebbene la legge regionale prevede che nel piano strutturale sia previsto uno sviluppo “sostenibile”. Per quanto riguarda l’edificato la stessa legge prevede che nelle previsioni si privilegi il recupero dell’esistente rispetto alle nuove espansioni.
E’ allora fondamentale accertare le potenzialità effettive sia in relazione al non utilizzato (i suddetti cartelli) che alle potenzialità di riutilizzazione del patrimonio edilizio esistente.
La seconda notazione riguarda quello che oggi sta succedendo. In altri articoli si è scritto di numerose lottizzazioni sia nel territorio comunale che in prossimità (si veda il cosiddetto “alverare” a Po’ Bandino). E’ sempre più chiaro che la disponibilità di nuove residenze ha in questo momento molte difficoltà ad essere piazzata nel mercato.
Qui però si aprono due prospettive. Per alcuni queste difficoltà sono transitorie e tutte queste case saranno poi vendute in tempi migliori. Per altri, io sono tra questi, la “crisi” è strutturale, non c’è più bisogno della produzione edilizia che ha caratterizzato i decenni dal dopoguerra sino agli anni ’80. E’ pur vero che in Italia per il mattone i capitali si trovano (magari quelli rientrati attraverso i condoni fiscali), ma la domanda è sicuramente più ridotta. La conseguenza ovvia per Chiusi è la seguente: il riuso del patrimonio edilizio esistente e delle aree industriali dismesse possono rispondere senza problemi alla domanda futura.
Aspettiamo dunque cosa ci dirà il Piano Strutturale su questo specifico aspetto.
Stampa l'articolo | Questo articolo è stato pubblicato da lucianofiorani il 4 settembre 2010 alle 19:31, ed è archiviato come AMBIENTE, CRONACA, ECONOMIA. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso RSS 2.0. Sia i commenti sia i ping sono disattivati. |
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circa 14 anni fa
concordo
circa 14 anni fa
Concordo pienamente.
Per chi ha qualche minuto in più, vorrei solo ribadire alcuni massimi sistemi. Una “visione di insieme” è necessaria per compiere qualsiasi azione così come lo è il condividere la piattaforma di base dei valori che indirizzano l’esistenza di ciascuno di noi.
Il problema è che mentre la Destra ha creato un modello di vita e di società, modello che io non condivido, la Sinistra ne aveva due – di cui quello socialdemocratico ancora attualissimo – ma si è snaturata temendo la perdita di consenso, accodandosi e proponendo una versione solo “mitigata” di quel modello.
E così, priva di una identità, è spesso scivolata nell’errore storico della DC, si è arenata nell’ “Amministrazione del quotidiano” compiacendosi dell’accettazione del presente e della realtà, amministrandola claustrofobicamente così com’è, senza prefigurarne un’altra, sperando così nel consenso solo a fini di pura sopravvivenza elettorale.
Minore ricchezza materiale – soprattutto individuale – minor consumismo ma anche maggiore solidarietà sociale e con essa Istruzione, Sanità, Trasporti fuori dalla logica del profitto; Casa e Lavoro come impegno primario per quella fetta della popolazione che per i motivi più disparati non si può permettere il rischio e la tensione di una attività imprenditoriale. La Cultura come benessere della persona al di là e al di sopra del valore verghiano della “roba”.
Un modello di società più sostenibile, perché certo ci si può anche avventurare facilmente in mare aperto ma poi si deve sostenere la possibile furia degli elementi. Fuor di metafora il Mercato che, bel lontano dall’utopia dell’ Autoregolazione, è forza cieca che procede senza conoscere niente e nessuno e si ciba dei suoi stessi figli.
Basta guardare alla crisi dell’Impero americano il cui modello, negli effetti, ci ha sempre preceduto di alcune lunghezze temporali; e non a caso questa volta la Crisi ci ha toccato in misura minore grazie proprio alla nostra “arretratezza” nel compimento di quel modello
Forse ribadire questi fondamenti di un comune sistema di valori potrebbe non essere tempo perso.
In ogni caso, per chiudere il cerchio, concordo pienamente con Scattoni e spero che, in vista delle prossime elezioni, qualcuno ci proponga un’idea di sistema complessivo per Chiusi e il suo territorio.