di Anna Duchini

Con questa aria di elezioni cominciano ad uscire i programmi, cioè: “ti dico quello che ho intenzione di fare e su questo tichiedo la fiducia (il voto)”. Nei programmi c’è chi ci mette più ambiente, chi più crescita, chi più giustizia sociale, chi più sicurezza, ma sono comunque tutti per il miglioramento della situazione attuale, per la valorizzazione del tessuto economico, sociale, culturale, turistico e chi più ne ha più ne metta. Ora poi si costruiscono anche in maniera allargata e su internet. Ha cominciato Beppe Grillo col suo blog, ormai da anni, poi venne Prodi con la sua fabbrica, ora ci sono quelle di Vendola.

Anche a Chiusi si sono aperti i cantieri. C’è quello di Sel, con un sito apposta per la formazione del programma, e chiusinews che contribuisce con un diario di voci sul suo kiusipedia. Tutto positivo, perchè comunque mettono in comunicazione idee e fanno circolare informazioni alle quali tutti possono ribattere, per cui sarà più difficile confezionare leggende metropolitane. E tutto questo è bene, perchè più le persone sono ben informate e meno le infinocchi.

Ma la fiducia si concede alle persone, non agli annunci. Hai voglia a fare proposte ambientaliste se quelli che le devono realizzare hanno l’abitudine di prendere il caffè con i palazzinari! Le persone che dicono di essere per la reintroduzione della preferenza nel sistema elettorale e qui in Toscana, dove comandano, ci fanno votare i designati, sono degni di fiducia? Se il sindaco sta già nel cda delle società partecipate dal comune a fare il controllore e il controllato, siamo sicuri che farà il nostro interesse anche se ha un buon programma?

La fiducia, io sono abituata a darla su ciò che si è fatto e non su ciò che si promette di fare, solo la coerenza delle storie personali mi dà garanzia, non i programmi.

Tanto poi, nell’amministrazione della cosa pubblica, l’unica vera garanzia per l’attuazione del miglior programma sarà solo la partecipazione costante dei cittadini. Una partecipazione frutto di una coscienza civica diffusa, radicata in una nuova cultura politica che metta il diritto al posto del privilegio e dell’illegalità.

Quello che voglio, insomma, è un governo della città fuori dai “giri” e distante dalle segreterie dei pochi, che si assuma la propria responsabilità attraverso processi di decisione in cui i conflitti, tra i diversi interessi in gioco, avvengano alla luce del sole, in una casa di vetro, con passaggi leggibili da tutti e da tutti valutabili e controllabili.