di Luciano Fiorani

Forse perchè la delusione di non essere riusciti a sbalzar di sella il cavaliere non è stata ancora smaltita o più semplicemente per il timore dei tempi grami che si prospettano per i comuni ma, sta di fatto, che all’appuntamento fissato da Rifondazione comunista, hanno risposto sia il Pd che Sel con esponenti di partito di primo piano e con toni amichevoli che hanno chiaramente lasciato intendere che “ammogliarsi” di nuovo si può. Insomma la sinistra chiusina (mancavano i socialisti, ma il loro si è scontato da tempo) pur nascondendosi dietro i “percorsi” e i “confronti” ancora in calendario, salvo colpi di scena, andrà unita all’elezioni di primavera. La serata è servita anche a questo. Un’unità che, hanno precisato quelli di Rifondazione, non è venuta meno neppure dopo il passaggio a Sel dell’assessore Gheradi e del consigliere Micheletti. Ai temi proposti da Rifondazione (nuova centralità del consiglio comunale, stop all’esternalizzazione dei servizi e riuso dell’edificato e di aree dismesse per il nuovo Piano Strutturale) sia Agostinelli per il Pd che Patrizi per Sel non hanno sollevato obiezioni.

Agostinelli è anche stato l’unico ad accennare ai travagli del Pd assicurando che dalle assembleee di questi giorni il suo partito uscirà con una rinnovata coesione. Ci sono state anche sfumature polemiche, come quando è stato fatto rilevare che il Pd non ha informato Rifondazione sugli sviluppi del Piano Strutturale ma, per par condicio, Patrizi ha assicurato che pure Sel è stato tenuto all’oscuro, e stesso atteggiamento è stato tenuto dal Pd quando è stato prodotto il piano di recupero per il frigomacello. Ma non saranno questi lievi incidenti di percorso ad interrompere una fruttuosa collaborazione.

Di “cose di sinistra” se ne sono sentite diverse, soprattutto nelle conclusioni di Pegolo che ha parlato diffusamente e in modo convincente di come un comune di sinistra dovrebbe muoversi in questi tempi di crisi e con la finanziaria che dal primo gennaio calerà come una mannaia. La prima cosa da fare, secondo l’esponente di Rifondazione, sarebbe ricreare un rapporto “collaborativo” con la popolazione attraverso il confronto su opzioni possibili e non su scelte già fatte. Intervenire in modo selettivo con tariffe e servizi a favore di chi è più esposto alla crisi, ridare centralità al consiglio comunale come luogo di decisione e non solo di ratifica, curare con la massima attenzione il territorio evitandone usi impropri e recuperando tutto quello che è possibile. Ultima indicazione, un comportamento complessivo più sobrio dell’ente locale, tagliando il superfluo per sfruttare al massimo le competenze interne: fare il massimo con quello che si ha. Forse non sembrano indicazioni strabilianti, ma con quello che abbiamo visto in questi ultimi anni è sembrato davvero che si parlasse di rivoluzione.