di Paolo Scattoni

Qualche giorno fa in una conversazione con il “nostro” esperto meteo Filippo Baglioni, mi sono fatto spiegare come opera per darci le sue previsioni. Ne è uscito un quadro interessante. Cercherò di sintetizzare, chiedendo scusa in anticipo per le probabili imprecisioni.

Filippo inizia sempre la sua analisi, studiando le carte bariche (tipo quella riportata qui sotto) che vengono emesse da un centro di calcolo tedesco,aggiornate più volte durante la giornata. Tali mappe, frutto di milioni di calcoli, forniscono a chi deve fare una previsione, una cartina con dati specifici del comparto europeo. Individuando la posiszione delle figure bariche, delle basse e alte pressioni, cerca di studiare la possibile evoluzione di queste, nell’area geografica per cui intende fare una previsione. Cerca di capire dove potrebbe crearsi un minimo di bassa pressione, come sarà la ventilazione, l’origine della perturbazione, le temperature in quota e al suolo, l’umidità e tutti quei dati che intersecati tra loro, riescono ad aiutare il previsore a fare una diagnosi finale.

Importantissima è comunque in questo campo l’esperienza, poichè la natura tende a intraprendere strade già percorse in precedenza, è utile poi, tramite gli archivi, confrontare una previsione “presente” con una carta che si riferisce a una previsione precedente, cercando di individuare queli effetti al suolo fu in grado di generare. Nella solo provincia di Siena ci sono 10 meteo-appassionati, 4 nel nostro Comune, spesso il nostro Filippo in teleconferenza tramite Skype si consulta con loro, per capire se la previsione è inquadrata da tutti allo steso modo. Da qui il verdetto finale che Filippo invia a Chiusinews. Molti altri passaggi vengono effettuati, questa descrizione del processo è sicuramente approssimativa.

A me serve, però, per esemplificare la mia idea di sviluppo basato sulla conoscenza. Un piccolo gruppo di appassionati si organizza e offre un servizio. Si mette poi in contatto non solo con un servizio di informazione come Chiusinews, anch’esso basato sul lavoro volontario, ma anche a strutture ben più consolidate come il gruppo di Protezione Civile presso la Pubblica Assistenza e magari anche altre realtà. Quindici anni fa tutto questo non sarebbe stato possibile. Oggi grazie alla diffusione del web lo è. Come questa, però, si può immaginare ci siano molti altri interessanti punti di elaborazione della conoscenza che potrebbero essere messi in rete. In un paio di articoli ho presentato, ad esempio, le attività di una realtà interessante come il Linux User Group di Orvieto. La scienza e il progresso sono sempre più distribuite (o potenzialmente distribuibili). Ecco la sfida che ci aspetta.