Solo un altro blog targato WordPress…per riflettere sui fatti della città
Serve una fabbrica delle idee
di Carlo Sacco
La programmazione di una offerta commerciale, con criteri di fruibilità, professionalità ed anche qualità dei prodotti culturali e sulle strutture sui quali quest’ultimi possano poggiare per la loro diffusione al pubblico, richiede una programmazione di interventi che vanno subito a caratterizzarne l’efficacia e la fattibilità appena dopo la loro progettazione. Detto in parole povere e trite: risorse.
In pratica secondo il mio parere ci sarebbe bisogno di un grande laboratorio culturale, dove intesi come ”centrali” siano appunto la cultura ed il confronto e non il prodotto comunemente inteso. Per quest’ultimo sono sufficienti i punti vendita e le commercializzazioni, raggiungibili dai parcheggi che possono o meno essere vicini ai punti vendita. Tali luoghi chiaramente sono quelli destinati alla commercializazione ed al profitto e per loro natura non debbono essere avulsi da un centro creatore dove si progetta e si crei e si sperimenti la conoscenza, anche quella rivolta alla vendita ben’inteso, ma non solo a questa. Ciò che interessa invece è il cuore del contenitore dove si faccia l’elaborazione.
Ma ciò richiede un forte supporto pubblico ed ancor prima idee chiare di ciò che si voglia fare e raggiungere. Tutto questo non è una cosa facile ed a portata di ogni urbanista od economista che sia. Occorrono dei supporti a tali condizioni che tanto per capirsi non sono l’arredamento più o meno moderno di un negozio che vende camicie o profumi, o di un bar dove si faccia musica le sere d’estate, magari sventolando la distribuzione dell’aggregazione culturale….Occorre innanzitutto una situazione che riunisca ed assembli in se condizioni fattive di innovazione e di interpretazione, quasi un centro studi per dirla in parole povere, ma intimamente connesso senza ”demonizzazione alcuna” alla commercializzazione. Per tale cervello contenitore potrebbero benissimo passare tutti i tipi di innovazioni che Chiusi e non solo Chiusi potrebbero esprimere.
So benissimo che attualmente possono essere -mi si passi il termine- ”masturbazioni mentali”, futuribili quanto si voglia, ma che ritengo essere proprio queste da dover affrontare ancora prima che si decida dei parcheggi o del turismo alle tombe etrusche o della valorizzazione della cucina lacustre, e di altro. Una sola cosa non vorrei che fosse: che se tale immaginazione si potesse concretizzare, la spinta decisiva alla realizzazione (in pratica la sostanza economica dell’investimento) non provenisse dai soliti poteri forti ai quali il Comune da sempre -del resto come parecchi altri- è tributario. Perchè l’indirizzo e l’anima del contenitore non debbano venir gestiti con criteri nè di profitto nè di ritorni di immagine che ne snaturino la destinazione e l’anima , nè dalla politica comunemente intesa dei partiti ed ancor meno da quella legata alle organizzazioni religiose, ma con criteri esclusivamente votati all’accrescimento consapevole dello sviluppo equilibrato e naturale ed alla cultura della nostra comunità.
Mi rendo conto che sono sogni, ma talvolta agli uomini riesce anche concretizzarli. Negli ultimi tempi per la verità nella nostra comunità è successo molto poco di tutto questo, ma non bisogna mai disperare che ciò che venga dopo di noi possa essere peggiore di quello che ci ha preceduto.
Una cosa è certa: la guida deve essere diversa, ma parecchio diversa da quella che è stata fin’ora……è un fatto ”culturale”.
Stampa l'articolo | Questo articolo è stato pubblicato da lucianofiorani il 14 gennaio 2011 alle 00:07, ed è archiviato come CULTURA, ECONOMIA. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso RSS 2.0. Sia i commenti sia i ping sono disattivati. |
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circa 13 anni fa
Sarebbe forse bene di poter estendere questo dibattito anche alle Amministrazioni dei territori attigui a Chiusi(del tipo città della Pieve, Castiglione del Lago ecc)tramite le organizzazioni partitiche di base(ne dico una che mi viene in mente adesso:” Le fabbriche di Niki” pensando a Vendola, oppure organizzazioni localistiche -il web serve a questo- e se non si comincia a diffondere le idee-si rischia di non partire mai, e si lascia il campo scoperto a chi se ne potrebbe appropriare(gli appetiti spesso cominciano anche così e strada facendo…).Pienamente d’accordo con Sorbera che vi siano i contorni troppo generici per adesso, ma se si sviluppa una discussione può darsi che il dibattito porti a cose più consistenti ed anche più precise.
circa 13 anni fa
Le risorse sono comunque costose: anche solo informarsi sta diventando un lusso. In ogni caso, mi pare che la torsione verso un intervento di tipo principalmente pubblico sia un elemento imprescindibile: i privati non fanno investimenti se non c’è un ritorno immediato. Per quanto riguarda la possibilità di utilizzare Kiusipedia, non ci sono problemi. La difficoltà che vedo è solo nella delimitazione dei contorni dell’ambito della discussione: sono ancora un po’ troppo generici. Probabilmente conviene dipanare qualche filo tematico e lavorarci intorno. Se poi siamo qualcuno in più, anche meglio
circa 13 anni fa
In un precedente articolo avevo scritto sulla necessità di basare una strategia di sviluppo sull’economia della conoscenza. Un punto non mi trova d’accordo:la necessità di risorse. In questo momento vanno perseguite strategie “risparmiose” perché la risposta sarebbe: non ci sono i soldi.
Comunque propongo di spostare quaste proposte e questa discussione su Kiusipedia. Fatemi sapere se siete interessati.
circa 13 anni fa
Mi rendo conto benissimo di ciò che dice Sorbera e in definitiva io l’ho anche premesso che sono ”sogni”, quindi al momento attuale detto in parole povere sono solo ”riempiture di carta”, anzi di web…. Certamente se si guarda alle risorse non dovrebbe essere solo il comune di Chiusi ad investire in una tale operazione ma occorrerebbe una sinergia di molti comuni ed apparati, ma ciò che dovrebbe fare la differenza-e non mi stancherò mai di ripeterlo- dovrebbe essere secondo il mio pensiero che le risorse debbano essere pubbliche e quindi provenire interamente da enti pubblici. e non da chi ho detto prima nell’articolo.Certo l’Italia per esempio non è la Cina( e quindi il paragone sarebbe quantomeno pretestuoso, sciocco ed irrealistico), ma circa 15 anni or sono l’Aereoporto internazionale di Hong Kong (Lap Chip Kok così mi sembra che si chiami )è stato costruito dal nulla e reso operativo creando un isola artificale nel tempo di un anno e mezzo.
Se non si voglia rimanere al fatto che per fare una rotonda alla Fontina oppure in altri luoghi ci voglia il tempo che è stato impiegato, occorre incominciare anche a pensare che ci sia anche qualche possibilità che i sogni possano divenire realtà.
circa 13 anni fa
Una ventina d’anni fa, insieme ad un amico architetto, con un semplice (si fa per dire) foglio di calcolo Lotus (programma che oggi non si trova più), abbiamo sviluppato un modello di analisi su punti urbani di interesse (ad es. parchi divertimento, servizi, negozi, ecc.), calcolandone in termini probabilistici l’incidenza gravitazionale (la capacità di richiamo) e il peso di carico derivante sulla rete viaria. Il modello serviva per uno studio dei carichi di traffico sul tessuto viario ed eventuali problemi di tenuta in caso di evento imprevedibile come un disastro ambientale (terremoto) o di altro tipo – un attentato terroristico, ad es. -. Senza entrare in dettagli astrusi per i più, ricordo che da quel modello emergeva chiaramente una sorta di maggiore capacità di attrazione gravitazionale per le strutture a più alto contenuto di persone; in pratica, veniva confermato il vecchio adagio “gente chiama gente”.
Quel modello credo spieghi, anche oggi, la capacità di attrazione gravitazionale di Po’ Bandino e condivido le preoccupazioni che muovono l’intervento di Sacco, ma devo dire che – pur apprezzandone l’idea e le finalità – il gruppo che ipotizza richiederebbe uno sforzo assai costoso sia in termini di risorse sia in termini di competenze: noi eravamo in due e abbiamo impiegato più di un mese di lavoro piuttosto duro su un tessuto urbano piccolo come Chianciano (in fondo erano e sono una quindici di direttrici viarie). Ipotizzare un gruppo di studio e lavoro della complessità delineata da Sacco significa un tipo di struttura con competenze diversificate e tempi di “riuscita” geologici; se poi si tratta di volontari a costo zero, temo che la probabilità di riuscita sia prossima a zero. Però è un’idea intrigante, su cui si può ragionare.