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La lotta di classe dei ricchi
E’ reale quanto afferma Paolo Scattoni: ci vuole un’economia della conoscenza, anche per Chiusi, basata su strategie “risparmiose”. Infatti se si aspetta che ci siano i fondi si aspetta invano, e anche quando ci fosse una parvenza di iniziativa sulla ricerca di fondi non si farebbe altro che battere e ricadere nelle solite strade: le banche ed i privati. Il pubblico in questo settore non esiste in Italia, se non in mega interventi delle partecipate statali nel passato, che comunque hanno richiesto una quantità smisurata di capitali.
Credo che veramente occorra invertire l’ordine dei fattori come si dice. Nella mentalità comune la ”cultura non genera profitto” invece ritengo che tale concetto sia profondamente errato, dico che ”il profitto della cultura di cui si avvale la conoscenza” è una delle molle più potenti per elevare lo ”status vivendi’ delle persone e delle loro comunità. Il re-investimento di tale profitto affinchè produca tendenziale sviluppo occorre che non sia guidato con concetti privatistici bensì con concetti e politiche di carattere pubblico. Si dice che in Italia il pubblico non funziona e siccome non funziona bisogna preferire ”il privato”. Ma ciò che è il pubblico spesso viene gestito e spartito con criteri privati dalla cogestione partitica.
L”Italia per la natura dei suoi abitanti è un paese ”individualista” e lo si deve alla sua storia, ma ormai è assodato che lo sviluppo con detti criteri non porta da nessuna parte e spesso è foriero di contrasti e di scontri anche fra aree grandissime del territorio -basti pensare al fenomeno Lega- ma anche questo fenomento è la risultante di uno sviluppo disuguale a cui hanno concorso le politiche spartitorie degli ultimi 50 anni. Nessuno ha vissuto su Marte ben’inteso, e tutti siamo, chi più chi meno, responsabili, ma lo sviluppo attuale delle condizioni incluso anche quello delle nuove povertà ci dovrebbe far riflettere sul modello economico ancora oggi ritenuto valido dalla stragrande maggioranza: intendo dire parafrasando gli ultimi avvenimenti di Mirafiori, FIOM e di Marchionne: ”In casa mia la mortadella me la affetto come voglio”. Ad erigere casa di Marchionne hanno contribuito fondamentalmente gli operai da decenni e quindi non è solo la casa di Marchionne.
Occorrerebbe un ”pubblico” che glielo facesse capire con delle leggi e che non desse a lui la libertà incondizionata di portare all’estero il prodotto del lavoro di chi ha contribuito ed ha percepito un salario che oggi spesso è di fame. Col consenso quasi tacito di coloro che si dicono i difensori dei diritti e che avrebbero votato ”SI” insieme al PDL. Questi sono spesso i partiti delle aziende ed i partiti dell’opportunismo politico, non i partiti dei meno abbienti: questa si che è politica antidiluviana, ed infatti i risultati si vedono: la fatidica ”lotta di classe” in questi ultimi 20 anni l’hanno fatta gli industriali ed i potenti non gli operai ed i ceti che hanno di meno
Stampa l'articolo | Questo articolo è stato pubblicato da lucianofiorani il 16 gennaio 2011 alle 00:51, ed è archiviato come ECONOMIA, POLITICA, SOCIALE. Puoi seguire i commenti a questo post attraverso RSS 2.0. Sia i commenti sia i ping sono disattivati. |
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