Sotto il tendone un malinconico partito

 di Luciano Fiorani

E venne il giorno della politica nello spazio dibattiti della festa de l’Unità. Ma il taglio della serata l’ha dato il vecchio compagno, il militante di lungo corso, che di fronte ai due massimi esponenti del Pd in provincia di Siena non ha esitato a lanciare il suo “così non va”. La serata, iniziata sui numeri della pesante finaziaria che il governo si appresta a varare, con l’ennesimo voto di fiducia, è presto virata sullo stato del partito. Tutti gli intervenuti, con toni e valutazioni più o meno critici, hanno sottolineato l’inadeguatezza della presenza e dell’iniziativa del partito democratico rispetto alla grave situazione politica ed economica che sta vivendo il paese. Un partito che anche ai suoi iscritti e simpatizzanti appare senza entusiasmo e ancora reticente su fatti emblematici come quelli di Pomigliano e Mirafiori. Troppo ripiegato su se stesso e alla ricerca di equilibri interni ancora assai difficili da comporre. Un pubblico composto quasi esclusivamente da ex comunisti, ma siamo a Chiusi e non poteva essere diversamente, ha fatto chiaramente capire che si aspetta qualcosa di più. Vorrebbe un partito più vivace, più presente e più combattivo e non gradisce affatto il protrasi di questa situazione. Gli “una volta…” mormorati in continuazione, hanno fatto da sottofondo ad ogni intervento, denunciando un evidente rimpianto per i bei tempi andati. Sia il segretario provinciale Elisa Meloni che Marco Nasorri, capogruppo in consiglio provinciale, non hanno potuto glissare sul difficile momento che vive il Pd, e anche loro hanno convenuto che occorre più coraggio ma anche un ricambio generazionale. La Meloni, con chi le ha fatto notare che l’election day di fine giugno non ha dato una grande dimostrazione di democrazia interna, con quelle liste bloccate, ha precisato che si è trattato di congressi e non di electio day, e che comunque la democrazia interna era stata rispettata lasciando ad ogni iscritto la possibilità di autocandidarsi. Sul chi avesse predisposto le candidature (tra cui la sua) ha invece “elegantemente” preferito non rispondere. Il partito democratico, sotto il tendone della festa de l’Unità, non ha voluto certo nascondere i suoi problemi e si è assistito ad un confronto aperto e sincero. Ma, sincerità per sincerità, i problemi che questo partito si trascina dietro sembrano frncamente troppi, anche solo per impensierire un Berlusconi in difficoltà e che ha inesorabilmente imboccato il viale del tramonto.

  • #1 scritto da marco lorenzoni
    circa 14 anni fa

    Segnalo questo commento alla medesima iniziativa del Pd chiusino, uscito su http://www.primapaginachiusi.it/default.aspx
    (sito on line del giornale, ancora in costruzione)

    LA BASE AI DIRIGENTI DEL PD: “CAMBIATE STRADA O SI CHIUDE BARACCA!”

    ALLA FESTA DE L’UNITA’ DI CHIUSI, I MILITANTI SUONANO LA SVEGLIA A MELONI E NASORRI

    La crisi è un problema serio, serissimo, questo governo, fatto di fascisti e piduisti, di inquisiti è un altro problema, ma è un problema anche l’assenza di un’opposizione vera e incisiva, è un problema la titubanza del Pd su ogni questione: dalla Fiat al nucleare; dalle questioni etiche alle tasse, dalle pensioni alla gestione del territorio; dal precariato al lavoro che non c’è più…
    Questo in estrema sintesi ciò che è emerso dal dibattito organizzato ieri sera alla festa de l’Unità di Chiusi Scalo, con la segretaria provinciale Elisa Meloni e con il capogruppo in Provincia Marco Nasorri.
    Una decina gli interventi del pubblico, non uno che avesse detto ai due dirigenti, “bene, bravi, avanti così”. Al contrario, chi più chi meno, chi in maniera più velata, chi in maniera più dura, tutti hanno suonato la sveglia a Nasorri e Meloni. “Questo è un partito senz’anima, senza una linea chiara, non si capisce mai da che parte sta” ha tuonato per esempio Reno Cesarini, uno della “vecchia guardia”, un tempo custode dell’ortodossia del Pci, ora anche lui critico e preoccupato della deriva “nientista” del Pd…
    Anche il segretario chiusino Giglioni avrebbe preferito una posizione più chiara sulla vicenda Fiat, per esempio…
    Altri hanno fatto notare come il partito non nomini più parole come sfruttamento, caporalato, speculazione… che pure sono tornate a far parte della nosra quotidanità…
    E quando a suonare la campana sono figure come Giglioni e Cesarini, i dirigenti dovrebbero tenere le orecchie dritte, perchè non è un bel segnale… E adesso non c’è più nemmeno l’alibi che c’era durante l’ultimo governo Prodi: Mastella da una parte, Ferrero dall’altra che tiravano la coalizione per la giacchetta… Adesso il primo è passato col centro destra e la sinistra radicale è letteralmente scomparsa dalla scena…
    Nasorri in qualche modo ha mostrato di aver capito l’antifona, affermando tra le altre cose, la necessità di un “ricambio generazionale” dei gruppi dirigenti, che avvenga però non per cooptazione dei più giovani, ma attravreso battaglie politiche vere, sul campo. Elisa Meloni, che pure giovane è, anche più di Nasorri, si è invece trincerata dietro il grande sforzo di costruzione del Pd, compresa la recentissima “tornata congressuale” del 25 giugno, indicandola come un momento di grande partecipazione e coinvolgmento…
    Non ha detto però che in quei congressi di circolo, ribattezzati “election day” dallo stesso Pd, si è discusso pochissimo e si è votato con liste bloccate e candidati unici. Come e peggio che nella Bulgaria di infausta memoria…
    Il problema purtroppo, per il Pd non è solo la “gerontocrazia”, è la cultura di fondo che il partito si è dato, sono i riferimenti culturali dei sui dirigenti; sono i nodi non sciolti del rapporto tra le varie componenti che tendono ad annallurasi l’un l’altra, inchiodando il partito a non scelte…
    Il solo ricambio generazionale non basterà. Ci vuole dell’altro, per risalire la china e riconquistare la fiducia della gente.

    m.l.

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